Trasferirsi dal Friuli Venezia Giulia praticamente dall’altra parte d’Europa, in particolare in Svezia, insieme al marito e a due figli piccoli per seguire i propri sogni professionali. È l’esperienza di Ilaria Ciccutin, una giovane friulana che ha scelto di raccontare la sua nuova vita svedese in un blog, SwedeNews , che consigliamo a tutte le lettrici per capire come sia possibile trovare un’integrazione tra lavoro e famiglia anche lontano da casa e soprattutto come il coraggio di cambiare e di seguire le proprie aspirazioni a volte costituisca una svolta per una migliore qualità della vita.
Il tuo blog SwedeNews racconta in modo davvero divertente l’esperienza di una friulana che vive in Svezia. Qual è il percorso che ti ha portato a trasferirsi in questo Paese?
L’azienda per cui lavoro (italiana, parte di una multinazionale) ha una consociata qui in Svezia. Seguo l’azienda svedese da diversi anni e quando i miei responsabili mi hanno proposto un trasferimento per un paio d’anni, ne ho parlato con mio marito e abbiamo subito pensato che sarebbe stata una splendida esperienza sia per noi che per i nostri figli, di 7 e 4 anni. Ci sarebbe sempre piaciuto poter passare un periodo all’estero, quindi quando l’occasione si è presentata… l’abbiamo colta al volo!
Per una donna con una carriera professionale importante ma che ha anche una famiglia e figli, la Svezia offre qualcosa in più rispetto all’Italia?
Decisamente sì. In Italia è quasi impossibile gestire lavoro e famiglia senza il supporto di nonni o baby sitter. Gli asili nido hanno spesso costi proibitivi e si ha la sensazione di lavorare solo per pagare la tata o il nido. In Svezia gli asili e i doposcuola hanno un costo molto basso (inferiore ai 100 EUR/mese pasti inclusi), sono aperti dalle 6.30 del mattino alle 17 (e in genere l’orario di lavoro è fino alle 16.30) e non chiudono nemmeno d’estate o durante le vacanze. Dall’altro lato, gli orari di lavoro sono flessibili, il part time è molto diffuso, i permessi di maternità e paternità sono obbligatori e quasi interamente retribuiti ed è possibile usufruire di permessi se i bambini si ammalano. Inoltre il mercato del lavoro è molto meno rigido e le donne che decidono di restare a casa per alcuni anni possono cercare e trovare lavoro anche se nel loro curriculum c’è un “buco” di qualche anno.