La figura della donna nella pubblicità: intervista a Tiziana Pittia, vicepresidente TP Associazione Italiana Pubblicitari Professionisti

Questa settimana nella rubrica rosa di greenfvg.it abbiamo voluto dedicare una riflessione alla figura della donna nella pubblicità visto che, nonostante gli ultimi esempi di campagne pubblicitarie assolutamente discutibili nell’utilizzo della figura femminile, siamo convinti che sia ancora possibile realizzare una pubblicità responsabile che non usi il corpo femminile in modo volgare o degradante.
Ne abbiamo parlato con Tiziana Pittia, Vicepresidente TP Associazione Italiana Pubblicitari Professionisti.

Ultimamente la conversazione sulla pubblicità si è concentrata con fervore sul ruolo della donna nella comunicazione commerciale, qual è la sua posizione a riguardo?

Che spesso la donna è usata a sproposito, ma che non è sempre, o meglio, non è tutta colpa dei pubblicitari. Sono tante le dinamiche che interferiscono nella creazione di un visual o di uno spot pubblicitario, partendo anche dal tessuto sociale che, particolarmente in Italia, vuole utilizzare una bella donna, o parti di donna, per sostenere un prodotto o un servizio. L’immagine della donna viene utilizzata non solo nella pubblicità, ma anche nell’editoria per far vendere più copie di una rivista, negli eventi, per aumentare la presenza degli invitati. Insomma l’immagine della donna (magari svestita) è ampiamente abusata in diversi ambiti.

È ancora possibile fare una campagna pubblicitaria efficace e “bucare lo schermo” ma allo stesso tempo non strumentalizzare il corpo femminile?

Certamente si, anzi, i pubblicitari professionisti sono da sempre convinti che il soggetto “donna” debba essere rispettato e tutelato. L’Associazione Italiana Pubblicitari Professionisti, di cui mi onoro di essere Vicepresidente, è stata fondatrice dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitario, e da sempre è molto sensibile all’argomento. Ma in Italia non è tutelata la professione del pubblicitario, tanto che le pubblicità contestate in questi giorni (foto di Terry Richardson per Silvian Heach) sono opera di fotografi, ingaggiati da case di moda, e pubblicate sui media, senza il filtro di un “pubblicitario professionista”. È evidente che l’utente finale non può distinguere, non capisce e fa ricadere la responsabilità nella figura del pubblicitario. Mentre i pubblicitari professionisti sono responsabili di quanto viene creato nelle agenzie e per questo perseguibili dalla legge, dallo IAP e dai clienti. La stessa cosa che non avviene per i “fotografi” che fanno passare per “arte” le provocazioni del loro lavoro (spesso condivise dai clienti) e restano impuniti, ottenendo in cambio grande risonanza mediatica (forma di comunicazione che aumenta la notorietà, ma che viene realizzata da giornalisti e media e non dai pubblicitari ….).

Cosa ne pensa della dichiarazione di Oliviero Toscani su Il Secolo XIX?

Quella che dice “Per fortuna non ho mai avuto mogli italiane. Culi bassi, gambe corte e ascelle pelose. Mi state sulle palle. D’altronde, con un premier così, che cosa si aspetta?”. Vorrei sapere se Oliviero Toscani pensa la stessa cosa di sua madre.

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